domenica 20 luglio 2014



È  TEMPO DI CROCIATA?

   Le notizie di cronaca riferiscono di sempre nuove angherie e orrori perpetrati ai danni di cristiani residenti in Africa e nel Medio Oriente.
   Responsabili i gruppi islamici fondamentalisti, specialmente quelli di obbedienza sunnita. Non bastavano Boko Arakam e Al Quaeda e le altre milizie private politico-religiose: ora è la volta dello Stato Islamico dellIraq e del Levante, esteso fra Siria e Iraq, a proclamare la legge coranica, la restaurazione del califfato e la “dimmitudine”per i cristiani con un forte e violento invito a lasciare sui due piedi la zona eretta a nuovo califfato.
   Mai era successo quello che è accaduto a Mosul intorno alla metà di luglio di quest’anno: episcopio dato alle fiamme e famiglie cristiane abitanti da centinaia di anni in città e nei territori limitrofi minacciate di morte e costrette a lasciare le loro case senza portare nulla con sé, nemmeno i documenti d’identità.
Gli inviti al dialogo sono molti, pressanti e autorevoli, quanto assolutamente sterili. L’idea di guerra santa esterna e la pesante discriminazione che l’islam contiene scatena le sue più terribili conseguenze. Fra islam e cristianesimo non vi è nulla se non la spada, dicono i terroristi di Mosul. E probabilmente hanno ragione. La durezza monolitica del Corano, letto fra l’altro in maniera unilaterale e fondamentalistica, tollera forse un negoziato ma non sopporta alcun dialogo religioso.
   Contro queste posizioni non c’è niente da fare: l’unico linguaggio che comprendono è quello della forza ed è comunque un brutto affare, perché anche se sconfitte — vedi Israele — allignano e riaffiorano virulente poco tempo dopo.
Allora, come si può usare la forza per difendere i cristiani perseguitati dai fondamentalisti islamici ed evitare che il Medio Oriente si svuoti dei cristiani e divenga omogeneamente dar el islam?
   Ottocento anni fa, l’Europa cristiana seppe venire a soccorso dei fratelli della Terra Santa oppressi dai musulmani e impediti di andare pellegrini a Gerusalemme e sui Luoghi Santi. E lo fece con una mobilitazione straordinaria che durò un secolo.
   Oggi, quando i fratelli cristiani sono massacrati, cacciati dalle loro case, spogliati di tutto solo perché cristiani da un pugno di fanatici fra il bandito e il terrorista, l’Europa che cosa fa? Assiste inerte e afona.
La struttura diplomatica dell’Unione Europea, quella della baronessa Hashton, che costa al contribuente milioni di euro all’anno, troverà qualche modo per intervenire? E non parliamo, per carità di patria, della Chiesa, che mette la semplice idea di combattere una crociata per la fede fra i mali da cui purificarsi…
Purtroppo la diplomazia pare esulare dal quadro dei possibili rapporti con Stati non-Stati, classi dirigenti fantasma, aggregati di tribù senza sovrano, fanatiche e crudeli.
   Per cui resta la forza… Ma l’America latita, la Francia pensa più ai gay e l’Italia a incrementare l’emigrazione che ai cristiani di oriente e di Nigeria, la Russia pensa alla Crimea e la Germania al football.
   Allora? Come formare una lega per la salvezza dei cristiani? Pagando dei mercenari? Con un nuovo intervento armato americano-alleato?
   Pare l’unica possibilità… Ma Obama sembra anch’egli troppo occupato con i gay di casa sua che a difendere, come facevano il vecchio Ronnie o quel “semideficiente” — come lo hanno sempre dipinto i media liberal — di George W. Bush, la libertà dei popoli…

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