È TEMPO DI CROCIATA?
Le notizie di cronaca riferiscono di sempre nuove
angherie e orrori perpetrati ai danni di cristiani residenti in Africa e nel
Medio Oriente.
Responsabili i gruppi islamici fondamentalisti, specialmente
quelli di obbedienza sunnita. Non bastavano Boko Arakam e Al Quaeda e le altre
milizie private politico-religiose: ora è la volta dello Stato Islamico
dell’Iraq e del Levante, esteso fra Siria e Iraq, a proclamare la legge
coranica, la restaurazione del califfato e la “dimmitudine”per i cristiani con
un forte e violento invito a lasciare sui due piedi la zona eretta a nuovo
califfato.
Mai era successo quello che è accaduto a Mosul intorno
alla metà di luglio di quest’anno: episcopio dato alle fiamme e famiglie cristiane
abitanti da centinaia di anni in città e nei territori limitrofi minacciate di
morte e costrette a lasciare le loro case senza portare nulla con sé, nemmeno i
documenti d’identità.
Gli inviti al dialogo sono molti, pressanti e
autorevoli, quanto assolutamente sterili. L’idea di guerra santa esterna e la
pesante discriminazione che l’islam contiene scatena le sue più terribili
conseguenze. Fra islam e cristianesimo non vi è nulla se non la spada, dicono i
terroristi di Mosul. E probabilmente hanno ragione. La durezza monolitica del
Corano, letto fra l’altro in maniera unilaterale e fondamentalistica, tollera
forse un negoziato ma non sopporta alcun dialogo religioso.
Contro queste posizioni non c’è niente da fare: l’unico
linguaggio che comprendono è quello della forza ed è comunque un brutto affare,
perché anche se sconfitte — vedi Israele — allignano e riaffiorano virulente
poco tempo dopo.
Allora, come si può usare la forza per difendere i
cristiani perseguitati dai fondamentalisti islamici ed evitare che il Medio Oriente
si svuoti dei cristiani e divenga omogeneamente dar el islam?
Ottocento anni fa, l’Europa cristiana seppe venire a
soccorso dei fratelli della Terra Santa oppressi dai musulmani e impediti di
andare pellegrini a Gerusalemme e sui Luoghi Santi. E lo fece con una
mobilitazione straordinaria che durò un secolo.
Oggi, quando i fratelli cristiani sono massacrati,
cacciati dalle loro case, spogliati di tutto solo perché cristiani da un pugno
di fanatici fra il bandito e il terrorista, l’Europa che cosa fa? Assiste
inerte e afona.
La struttura diplomatica dell’Unione Europea, quella
della baronessa Hashton, che costa al contribuente milioni di euro all’anno, troverà
qualche modo per intervenire? E non parliamo, per carità di patria, della
Chiesa, che mette la semplice idea di combattere una crociata per la fede fra i
mali da cui purificarsi…
Purtroppo la diplomazia pare esulare dal quadro dei
possibili rapporti con Stati non-Stati, classi dirigenti fantasma, aggregati di
tribù senza sovrano, fanatiche e crudeli.
Per cui resta la forza… Ma l’America latita, la
Francia pensa più ai gay e l’Italia a
incrementare l’emigrazione che ai cristiani di oriente e di Nigeria, la Russia pensa
alla Crimea e la Germania al football.
Allora? Come formare una lega per la salvezza dei
cristiani? Pagando dei mercenari? Con un nuovo intervento armato americano-alleato?
Pare l’unica possibilità… Ma Obama sembra anch’egli
troppo occupato con i gay di casa sua
che a difendere, come facevano il vecchio Ronnie o quel “semideficiente” — come
lo hanno sempre dipinto i media liberal — di George W. Bush, la libertà
dei popoli…
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