martedì 21 novembre 2006


20 novembre: il Presidente italiano visita il Papa...

Certo, fa una certa impressione vedere l'anziano dirigente nazionale della «talpa rossa» — e di ciò che ne resta — incedere con gran distinzione — sebbene inghiottito da un frac che a me ricorda quello, sbilenco, di don Calogero Sedàra nel Gattopardo — nei felpati corridoi vaticani, paludato di cordoni e gran collari, proprio come uno di quei «parassiti» clerico-reazionari che il suo partito un tempo additava al sano proletariato come il nemico da combattere ... E poi, due bei discorsi... di alta ispirazione entrambi... e mossi da alti intenti di conciliazione e di cooperazione…

Peccato però che quello del Papa sia uno schietto e appassionato appello alla libertà non solo «di culto», stricto sensu, ma anche di «cultura» per la religione cattolica, con ampi accenni — tutt’altro che neutri in termini di indicazione di responsabilità — al ruolo dello Stato in questo... E invece quello di Napolitano, se lo si legge bene, si riveli un capolavoro di forbita ipocrisia e di sbracato opportunismo... Naturalmente i quotidiani nazionali, interessatamente, hanno presentato i due interventi non solo come di alto livello, ma soprattutto come in totale sintonia fra loro... Mi permetto di sollevare qualche dubbio a riguardo. E dico perché.


Nella sua allocuzione Napolitano rivendica come dato di fatto un presunto comune e generale rispetto per il magistero del Papa. Ma le pietre stesse gridano che questo rispetto non c'è più — e purtroppo non solo da parte di chi cattolico non è!
Ha forse scordato il suo appello a favore del filo-suicida radicale Welby, che ha rilanciato pesantemente il tema dell'eutanasia legale nel paese?
E sa che cosa gli organi politici della nazione di cui è presidente fanno delle raccomandazioni del Papa? Per esempio sulla famiglia (divorzio e matrimoni omosessuali), sulla difesa della vita (aborto e manipolazioni genetiche), sulla scuola (un organismo ormai in dissoluzione, che forse informa ma, come casi recenti ci «sbattono in faccia», senz'altro diseduca), sulla crescente diffusione di una cultura che i papi chiamano, senza mezzi termini, «di morte» (eutanasia) e che avanza anche grazie al denaro pubblico? E poi parla di fondamento etico della politica in Italia! Ma quale etica?


Altro «svarione» riguardo all'Europa. Parla di «grandi valori condivisi, che riflettono il ruolo storico e la sempre viva lezione ideale del Cristianesimo» (si noti il «Cristianesimo» scritto con la maiuscola). Ma dove li vede? Finge di non vedere che quella «cupola» di massoni — in re o in spiritu — che siede a Bruxelles e a Strasburgo sta facendo oggi l'impossibile non solo per emarginare la Chiesa e per ridurre o contraffare la presenza dei cristiani, ma anche per cancellare l'esistenza del cristianesimo dalla storia stessa del nostro continente, ovvero dal passato, anche se esso in quanto tale è da un lato immodificabile e terribilmente eloquente dall'altro?

Proprio qui, a questo rifiuto dell'identità cristiana, che vede crescere ovunque, va invece a parare il discorso di Benedetto XVI. Lo fa quando rivendica non solo la libertà di adorare, ma anche quella di pensare da cristiani per i cristiani. Quando domanda che venga non solo dichiarato il principio, ma siano create le condizioni concrete perché tale libertà si possa attuare. Nel linguaggio della dottrina sociale cristiana — un linguaggio che tutti possono capire anche se non sono sociologi — queste condizioni hanno un nome preciso: si chiamano «bene comune» e lo Stato deve, per essenza — esiste solo per questo, altrimenti è solo un pesante basto e nulla più —, attuare il bene comune.
Ma la Repubblica attua davvero il bene comune? o almeno tutto quello che potrebbe? Crea queste pre-condizioni, perché la vita dei singoli si possa espandere liberamente secondo le linee maestre del principio di auto-determinazione e del principio di sussidiarietà? E perché l'azione delle realtà umane collettive si possa anch'essa dispiegare al meglio? Oppure lascia spazio a ogni possibile forma di decadenza civica, morale, intellettuale? Che dire della diffusione incredibile che ha la pornografia, che tracima ogni giorno di più nel mondo «normale»? Che dire dell'apologia di ogni possibile errore e volgarità e perversione intellettuale? E della propaganda fatta a ogni contro-valore? L'elenco sarebbe dolorosamente lungo...


E, infine, sono davvero in sintonia i due quando il Papa rinfaccia a uno Stato — quello italiano? — che di questo dovere non tenga conto e che impedisca l’esprimersi in pieno di questa profonda esigenza di partecipazione, di sperperare risorse soprattutto morali preziose. Quelle risorse che solo il cattolicesimo possiede e che mette al servizio di tutti — per vocazione e non per tornaconto, se si nega spazio al lievito evangelico — di cui la gente comune sempre più sola e spaventata ha un bisogno inimmaginabile — e alle argomentazioni razionali e alle soluzioni sul piano civico e politico di cui i cattolici sono latori non posso essere spese e godute.

Eppure Napolitano, che è stato protagonista della vita politica della Repubblica fin dai suoi anni verdi, dovrebbe avere coscienza di questa divaricazione fra valori che la Chiesa difende e «valori» di cui sono latrici certe forze politiche, fra cui quella cui egli appartenne ed appartiene.
E l'opportunismo del discorso raggiunge punte davvero vertiginose quando, con tale panorama davanti, il Presidente giunge a invocare l'aiuto del Papa per accrescere la coesione della nazione... Ma coesione intorno a che cosa? Con che cosa vuol rimettere insieme un paese sempre più in cocci, che è così proprio perché si rigetta tutto quanto proviene dalle sue radici più profonde — incluse, e non per ultime, quelle cattoliche —, dalle tradizioni più genuine e dalle istanze più nobili e disinteressate?

Mi fermo. Però non riesco a trattenermi dal dire che si metta in mente chi pensa al cristianesimo solo come a un'agenzia cui devolvere la rogna di occuparsi di tutti gli «scarti di produzione dell'uomo nuovo», che Cristo è carità, ma anche verità e giustizia... e le tre cose non sono scindibili...

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