martedì 22 novembre 2011

Un altro 8 settembre?
 
È singolare osservare come nella storia tutto torni, talvolta riproponendosi in forme talmente simili da suscitare se non ci fosse da piangere il riso ironico.

Quasi settant’anni fa, nel luglio del 1943, il Re, con un mini colpo di Stato, licenziava e faceva arrestare il cavalier Mussolini, imputandogli la sconfitta nella guerra contro la coalizione planetaria che si era raggrumata contro l’Asse. Mussolini aveva fatto il suo dovere di difendere la monarchia dal social comunismo, ma aveva fatto due  errori: la Conciliazione e, non fare la guerra, ma perdere la guerra, come ormai appariva sicuro a metà del 1943 dopo le svolta di Stalingrado, di El Alamein e l’invasione dell’Italia. Mussolini era diventato impresentabile, lui dittatore e guerrafondaio, davanti ai prossimi padroni del mondo. L’idea del re fu di sostituirlo con un tecnico, un generale, Pietro Badoglio, noto nel Paese per essere stato uno dei protagonisti della fase finale della Prima Guerra Mondiale e per il suo ruolo in Africa.

Dopo aver creato un governo di tecnici e aver comunicato al Paese che la guerra continuava, il re e Badoglio il 3 settembre mandano a Cassibile, in Sicilia, presso il quartier generale dell’armata angloamericana che sta invadendo la Sicilia, il plenipotenziario generale Giuseppe Castellano a trattare in borghese l’armistizio senza condizioni. La resa verrà divulgata l’8 settembre successivo e qualunque cittadino italiano che abbia memoria di quell’evento sa che cosa successe dopo: un crollo, una tragedia enorme, un intrico senza pari di viltà e di dimissione.

2011: il cavalier Silvio Berlusconi, il cui governo eletto dal popolo tre anni prima si mostra imballato e indebolito, ma è del tutto legittimo e tutt’altro che sconfitto anche in parlamento, viene mandato a casa con garbo dal Presidente della Repubblica on. Giorgio Napolitano, che immediatamente e, mi si passi il bisticcio, ancor prima mediaticamente —, anch’egli con un mini golpe, investe della formazione di un governo tecnico il professor neo-senatore Mario Monti, economista ed ex commissario europeo. Tripudio delle opposizioni, che finalmente possono lasciare la trincea rabbiosa in cui le ha cacciato il voto popolare e riprendere il centro della scena. Un perfetto 25 luglio. Anche qui una guerra persa, una guerra asimmetrica di conquista che ci hanno scatenato contro francesi e tedeschi e forse inglesi, e che si è combattuta in maniera inaudita con il concorso dell’aggredito stesso in forma “calda” in Libia, ovvero nel nostro retroterra energetico, su cui Berlusconi anche a costo di figure barbine con Gheddafi aveva investito tanto, e in forma “fredda” sul piano della finanza, a colpi di spread pilotati e di indici di Borsa in picchiata. Debolezze finanziarie reali, ma amplificate fino al parossismo dai media di sinistra ovvero la gran parte dei media nazionali ed esteri , che oggi davanti al proseguimento dei medesimi trend negativi tacciono ossequiosi e speranzosi.

Oggi Mario Monti va a incontrare il marito di Carla Bruni e la Kanzlerin, ovvero coloro che ci hanno messo in ginocchio.

Sarà un altro 8 settembre?

Simbolicamente pare davvero riproporsi quell’infausta data. Ma certo non vi sarà un crollo dello Stato come allora, anzi vi sarà un rafforzamento della sua struttura. Come allora, tuttavia, è certo che vi sarà la conferma del crollo della nostra immagine di Stato sovrano. Oggi all’Italia s’impone la politica estera persino di fare una guerra che non vuole e che si ritorce contro i suoi interessi; si commissiona il governo; si detta addirittura, come ha fatto il ridicolo ometto Van Rompuy per governare l’Europa hanno scelto proprio un politico belga, quando in Belgio la politica è vacante da 528 giorni! —, per di più ospite fra noi, il compito da svolgere a casa.

Che cosa resta dell’Italia, per ironica coincidenza, a 150 anni dalla sua formazione? Possibile che nessuno si accorga che l’attuale grave congiuntura si propone proprio nell’anno destinato a celebrare la nostra unione e il nostro assurgere al rango di potenza?

Dopo averci ubriacato — non dico nel centocinquantenario, ma in un secolo e mezzo di malaeducación patriottarda — di lotta allo straniero — che poi era ciò che restava dell’Impero, contro cui Cavour chiamò a combattere la Francia di Napoleone III e l’Inghilterra! —, di libertà, di democrazia, di resistenza ora si accetta supinamente che torni a fare il bello e il cattivo tempo da noi un’entità sovranazionale assai meno longanime e legittima dell’Austria; che la nostra libertà di sceglierci chi ci governa sia sospesa; che la nostra prosperità di nazione ancora ai vertici mondiali dell’economia venga avvilita.

Ricordiamo, per finire, che dopo il governo tecnico di Badoglio e l’8 settembre al Sud si formerà un governo, anch’esso non eletto, in cui, nel 1944, torneranno, ancora senza elezioni, tutte le forze politiche: liberali, comunisti, socialisti, azionisti, democristiani, di cui che il Paese aveva fatto a meno per vent’anni. Questo governo, dove siede con rango di vice-presidente, ministro, il commissario politico dell’Internazionale Palmiro Togliatti, sarà l’embrione dei governi demo-comunisti che dureranno fino al 1948 quando la guerra fredda e il plebiscito anticomunista del 18 aprile interromperanno il governo consociativo e la costruzione dell’Italia rossa.

Auguriamoci che ciò non accada, che anche oggi i “tecnici” — ma poi sono tutti tecnici veri o solo l’appendice “tecnica” di obbedienze partitiche di centrosinistra? — non siano usati come scusa per abbattere l’esecrato “dittatore” e per reinsediare al governo, quanto meno spianando loro la  strada, il vecchio regime partitico del CLN.

Archivio blog