Una insolita
"grazia"
Il presidente degl’italiani dà nuove conferme di un dinamismo — non lo chiamo apposta “protagonismo” — che pare andare alquanto sopra le righe. Certo, l’incolore scenario della politica odierna, pieno di nani e ballerine, agevola o rende più visibile l’agire di persone di statura politica — e il nostro è un politico navigato, di lungo corso, anzi non ha fatto mai altro che la politica — rilevante. Quindi Napolitano ha gioco facile nell’occupare la scena e, scivolando fra maglia e maglia della ormai obsoleta trama costituzionale nell’auto-ritagliarsi un ruolo di stimolatore del governo e del parlamento. In particolare, in questo frangente il presidente pare aver “indossato” le vesti di discreto regista del rilancio del tema della legalizzazione dell’eutanasia.
Due sono i casi riportati dalle cronache che mi autorizzano a questa valutazione. Il primo l’ormai famosa lettera sul caso di Piergiorgio Welby, che ha scatenato una campagna sempre più furibonda perché non solo qualcuno sia autorizzato a esaudire le sue richieste e a ucciderlo ma anche che ciò avvenga in virtù di un provvedimento di legge. L’altro la grazia concessa al medico romano che ha ucciso — con una revolverata, non staccandogli la spina — il figlio di 39 anni gravemente handicappato. Una grazia che viene a soli tre anni dal delitto e mentre l’autore, per le sue condizioni fisiche, è oggi in libertà.
Le considerazioni sarebbero molte e sulla materia sulla quale Napolitano interviene, sulla liceità costituzionale dei suoi interventi e, infine, sulla cultura non solo politica che Napolitano esprime significativamente.
Sulla prima, è scontato — ma non per i cinquecento militanti radicali, Sofri compreso, in sciopero della fame — che il caso singolo merita attenzione e pietà, ma la sua soluzione non può venire da un magistrato né da un’assemblea politica, ma da chi lo assiste: familiari e medici in prima linea. Se si appurasse che il caso cade sotto la voce “accanimento terapeutico” — ma chi ne è autorizzato? e oggi manca una definizione universalmente accettata del termine; Welby poi non è in coma irreversibile: è vigile, pensa, fa scrivere, anche se ha dolori enormi —, allora avrebbe senso spegnere le apparecchiature — ma sono meccanismi sproporzionati? — e lasciar morire in pace il malato. Altrimenti la volontà di finire del medesimo non dovrebbe avere alcun peso e considerazione.
Chiederne poi l’uccisione come effetto di una legge in materia, come fanno i radicali, è puro sciacallaggio politico: essendo la legge per sua natura erga omnes, il problema non è Welby, ma introdurre la legalizzazione dell’eutanasia.
Con tutte le conseguenze del caso: investire un organo dello Stato del riconoscimento di questo presunto diritto, anche se fatto in prospettiva inizialmente “liberale”, cioè di auto-determinazione, apre inevitabilmente a scenari in cui lo Stato — chi può controllare lo Stato moderno, anche se questo assume forme democratiche e non è un totalitarismo alla Hitler? — può diventare il vero giudice e padrone della vita.
E poi, ancora, una volta riconosciuto il diritto di auto-determinazione al singolo fino al punto di riconoscergli il diritto all’omicidio-suicidio, perché negargli altri diritti, frutto anch’essi di auto-determinazione? per esempio il diritto a rapporti pedofili? Quanto sta accadendo nella “civile” Olanda parla da sé, anzi grida a gran voce.
La prospettiva è da incubo orwelliano: una completa “dis-società”, in cui tutto è lecito a tutto perché lo garantisce lo Stato con le sue leggi: quindi l’esproprio dal diritto dalle cose e la sua totale riduzione al dettato della legge è totale. Una volta spogliatisi dei diritti umani in nome della loro tutela da parte di un’entità anonima e “totipotente” come lo Stato moderno non li si ricupererà più, ma saremo in balia di chi fa e modifica le leggi, anche quelle che vanno a toccare la sfera individuale o addirittura la biosfera e l’autore di ciò in democrazia può essere chiunque.
Napolitano, persona intelligente e dotato del “senno” che l’età dovrebbe conferirgli, non può non vedere queste tentate violazioni del diritto e del senso comune e i rischi di contraccolpi che esse presentano.
Perché allora si schiera a favore? Perché, soprattutto, dopo le domande di operare insieme rivolte al Papa e al cardinale di Napoli Sepe?
E qui inizierebbe il discorso sulla cultura post-marxista, su quali sono gl’ideali di quelle forze che un tempo vedevano nella lotta classe e nella società comunista perfetta il sogno della loro vita e la ragione di una militanza strenua e totale. Tramontato il materialismo dialettico è rimasta la dialettica nell’argomentare e il materialismo neo-darwinistico e amorale nella visione della vita, e il collante sono ora quelle idee-forza pre-marxiste, da cui l’impegno per il socialismo era nato: quelle della Rivoluzione francese. Una certa nozione di libertà estremizzata al massimo ad dissolvendum, non tanto spazio forse per la fraternità, ma di certo anche un egualitarismo sfrenato “senza limiti e confini” — quelli che danno una morale naturale a base religiosa —, autentico grimaldello per quella ri-plasmazione — solve et coagula — della società e del mondo dalle radici che era l’antico sogno dei movimenti rivoluzionari moderni — e forse della modernità radicale medesima — studiati da Eric Voegelin.
L’antico impegno a favore del proletariato si è oggi metamorfizzato in battaglie contro l’embrione, per il suicidio, a favore dell’aborto chimico e tante altre. E il ruolo pubblico, di Stato e di governo di tanti, troppi ex marxisti come Napolitano rappresenta un moltiplicatore inimmaginabile per la forza di queste idee. Anche il machiavellismo dell’antica militanza sembra essere rimasto nel Dna di questo personale politico: lo dimostra la geniale idea di “annegare” la grazia al medico romano nella simultanea grazia a un poliziotto reo di aver ucciso un delinquente e che ha fatto all'incirca nove anni di galera: che cosa di più gradito al palato conservatore? e di più efficace per contro-bilanciare l’apertura alla soppressione dell’handicappato? E ci sarebbe anche qualcosa da dire riguardo alla contro-firma dell'atto che ha apposto un cattolico come il ministro della Giustizia Mastella...
Ma, grazie a Dio, la fatica che fanno per avanzare pare indicare che il capitale di senso comune e di grazia spirituale accumulato dal popolo italiano sono ancora grandi e rappresentano forse, a Dio piacendo, un ostacolo invalicabile.
Il presidente degl’italiani dà nuove conferme di un dinamismo — non lo chiamo apposta “protagonismo” — che pare andare alquanto sopra le righe. Certo, l’incolore scenario della politica odierna, pieno di nani e ballerine, agevola o rende più visibile l’agire di persone di statura politica — e il nostro è un politico navigato, di lungo corso, anzi non ha fatto mai altro che la politica — rilevante. Quindi Napolitano ha gioco facile nell’occupare la scena e, scivolando fra maglia e maglia della ormai obsoleta trama costituzionale nell’auto-ritagliarsi un ruolo di stimolatore del governo e del parlamento. In particolare, in questo frangente il presidente pare aver “indossato” le vesti di discreto regista del rilancio del tema della legalizzazione dell’eutanasia.
Due sono i casi riportati dalle cronache che mi autorizzano a questa valutazione. Il primo l’ormai famosa lettera sul caso di Piergiorgio Welby, che ha scatenato una campagna sempre più furibonda perché non solo qualcuno sia autorizzato a esaudire le sue richieste e a ucciderlo ma anche che ciò avvenga in virtù di un provvedimento di legge. L’altro la grazia concessa al medico romano che ha ucciso — con una revolverata, non staccandogli la spina — il figlio di 39 anni gravemente handicappato. Una grazia che viene a soli tre anni dal delitto e mentre l’autore, per le sue condizioni fisiche, è oggi in libertà.
Le considerazioni sarebbero molte e sulla materia sulla quale Napolitano interviene, sulla liceità costituzionale dei suoi interventi e, infine, sulla cultura non solo politica che Napolitano esprime significativamente.
Sulla prima, è scontato — ma non per i cinquecento militanti radicali, Sofri compreso, in sciopero della fame — che il caso singolo merita attenzione e pietà, ma la sua soluzione non può venire da un magistrato né da un’assemblea politica, ma da chi lo assiste: familiari e medici in prima linea. Se si appurasse che il caso cade sotto la voce “accanimento terapeutico” — ma chi ne è autorizzato? e oggi manca una definizione universalmente accettata del termine; Welby poi non è in coma irreversibile: è vigile, pensa, fa scrivere, anche se ha dolori enormi —, allora avrebbe senso spegnere le apparecchiature — ma sono meccanismi sproporzionati? — e lasciar morire in pace il malato. Altrimenti la volontà di finire del medesimo non dovrebbe avere alcun peso e considerazione.
Chiederne poi l’uccisione come effetto di una legge in materia, come fanno i radicali, è puro sciacallaggio politico: essendo la legge per sua natura erga omnes, il problema non è Welby, ma introdurre la legalizzazione dell’eutanasia.
Con tutte le conseguenze del caso: investire un organo dello Stato del riconoscimento di questo presunto diritto, anche se fatto in prospettiva inizialmente “liberale”, cioè di auto-determinazione, apre inevitabilmente a scenari in cui lo Stato — chi può controllare lo Stato moderno, anche se questo assume forme democratiche e non è un totalitarismo alla Hitler? — può diventare il vero giudice e padrone della vita.
E poi, ancora, una volta riconosciuto il diritto di auto-determinazione al singolo fino al punto di riconoscergli il diritto all’omicidio-suicidio, perché negargli altri diritti, frutto anch’essi di auto-determinazione? per esempio il diritto a rapporti pedofili? Quanto sta accadendo nella “civile” Olanda parla da sé, anzi grida a gran voce.
La prospettiva è da incubo orwelliano: una completa “dis-società”, in cui tutto è lecito a tutto perché lo garantisce lo Stato con le sue leggi: quindi l’esproprio dal diritto dalle cose e la sua totale riduzione al dettato della legge è totale. Una volta spogliatisi dei diritti umani in nome della loro tutela da parte di un’entità anonima e “totipotente” come lo Stato moderno non li si ricupererà più, ma saremo in balia di chi fa e modifica le leggi, anche quelle che vanno a toccare la sfera individuale o addirittura la biosfera e l’autore di ciò in democrazia può essere chiunque.
Napolitano, persona intelligente e dotato del “senno” che l’età dovrebbe conferirgli, non può non vedere queste tentate violazioni del diritto e del senso comune e i rischi di contraccolpi che esse presentano.
Perché allora si schiera a favore? Perché, soprattutto, dopo le domande di operare insieme rivolte al Papa e al cardinale di Napoli Sepe?
E qui inizierebbe il discorso sulla cultura post-marxista, su quali sono gl’ideali di quelle forze che un tempo vedevano nella lotta classe e nella società comunista perfetta il sogno della loro vita e la ragione di una militanza strenua e totale. Tramontato il materialismo dialettico è rimasta la dialettica nell’argomentare e il materialismo neo-darwinistico e amorale nella visione della vita, e il collante sono ora quelle idee-forza pre-marxiste, da cui l’impegno per il socialismo era nato: quelle della Rivoluzione francese. Una certa nozione di libertà estremizzata al massimo ad dissolvendum, non tanto spazio forse per la fraternità, ma di certo anche un egualitarismo sfrenato “senza limiti e confini” — quelli che danno una morale naturale a base religiosa —, autentico grimaldello per quella ri-plasmazione — solve et coagula — della società e del mondo dalle radici che era l’antico sogno dei movimenti rivoluzionari moderni — e forse della modernità radicale medesima — studiati da Eric Voegelin.
L’antico impegno a favore del proletariato si è oggi metamorfizzato in battaglie contro l’embrione, per il suicidio, a favore dell’aborto chimico e tante altre. E il ruolo pubblico, di Stato e di governo di tanti, troppi ex marxisti come Napolitano rappresenta un moltiplicatore inimmaginabile per la forza di queste idee. Anche il machiavellismo dell’antica militanza sembra essere rimasto nel Dna di questo personale politico: lo dimostra la geniale idea di “annegare” la grazia al medico romano nella simultanea grazia a un poliziotto reo di aver ucciso un delinquente e che ha fatto all'incirca nove anni di galera: che cosa di più gradito al palato conservatore? e di più efficace per contro-bilanciare l’apertura alla soppressione dell’handicappato? E ci sarebbe anche qualcosa da dire riguardo alla contro-firma dell'atto che ha apposto un cattolico come il ministro della Giustizia Mastella...
Ma, grazie a Dio, la fatica che fanno per avanzare pare indicare che il capitale di senso comune e di grazia spirituale accumulato dal popolo italiano sono ancora grandi e rappresentano forse, a Dio piacendo, un ostacolo invalicabile.