Berlusconi "vuoto populista"?
In un articolo uscito il 20 settembre sul Corriere il prof. Galli della Loggia ha insignito il presidente del Consiglio, nonché leader dello schieramento politico di centrodestra, del titolo di attore di un “vuoto populismo”.
Nonostante l’argomento del pezzo fosse una dura critica alle carenze dell’opposizione, il noto politologo è riuscito a infilare in cauda, a due righe dalla fine del pezzo, quest’asserzione, che suona come una sorta di puntura velenosa.
Non è la prima volta che la penna di Galli della Loggia lancia accuse contro Silvio Berlusconi che talora hanno sfiorato l’insulto. Chi lo invita, vescovi italiani in prima fila, lo fa perché lo crede persona moderata ed equilibrata, capace di “cantarle” a destra e a sinistra in nome del buon senso e della moderazione. E poi si "beccano" scivoloni “alla Di Pietro” come quello che commento, i quali rivelano invece la scarsa equanimità e la non illimitata cultura politica del nostro.
Se si trattasse di accuse argomentate, documentate, frutto di un’analisi politologica decente che alla fine sfociasse in una invettiva, si potrebbe ancora capire il gesto. Ma, al contrario, il più delle volte Galli della Loggia se ne esce in sparate tanto apodittiche e squilibrate, quanto prive di "pezze d'appoggio", il che, nel caso di uno degli studiosi più “di punta” del nostro mondo scientifico, non è per nulla scusabile.
È davvero un “populista vuoto” Silvio Berlusconi? Populista, forse sì. Ma il termine è tuttora scientificamente indefinito. Se si intende il rapporto, in atto o tentato, di stabilire un rapporto diretto fra leader, anche il leader di uno Stato o di un governo — credo che l'esempio più classico sia l'Argentina di Juan Domingo Péron —, e popolo, allora è difficile non vedere tratti nitidi di “populismo” nella politica, ma ancor di più nello stile di governo, berlusconiani. Spesso e volentieri il premier-imprenditore ha dato segni d’insofferenza per le farraginose procedure della democrazia moderna. Ma il suo è un populismo "di desiderio", “tentato” ma mai attuato veramente. E poi, nel valutare una "pulsione" del genere, si può prescindere dal peso reale e concreto e dalla constatata capacità inibitoria nei confronti della struttura decisionale — quante volte la prassi iperconsultiva non ha affossato iniziative meritorie e urgenti? —, ergo politica, della democrazia nel nostro contesto? Berlusconi non ama l’agire politico in clima di onnipervadente "concertazione" e di “tavoli” di ogni genere e dimensione, ma rispetta il sistema, né pone in atto alcunché di surrettizio o d'insidioso per mutare nei fatti una situazione giudicata un ostacolo.
Ciò concesso, pare tuttavia del tutto incoerente con l’aplomb scientifico di un accademico o, quanto meno, con l’informazione che l'editorialista-"principe" del Corriere dovrebbe possedere, accusare la politica del premier di essere “vuota”.
Che cosa vuol dire Galli della Loggia? Che l’attuale premier non è riuscito a combinare un accidente nei tre mandati conferitigli dal popolo e non dai vertici dello Stato? Se è così, è davvero troppo!
Sostenere questo equivale a insultare, prima che la persona, la realtà.
Ma si rende conto, il nostro, delle condizioni in cui Berlusconi deve governare, stretto com’è fra il pressappochismo del suo personale politico e la bagarre scatenata contro di lui sì dall’opposizione parlamentare, ma con molta maggior veemenza da tutti i poteri pubblici e non della società, a partire dalle fasce sinistrorse della magistratura fino ai "nani, saltimbanchi, ballerine" che sbarcano il lunario sui vari media facendone il loro zimbello?
Ma si rende conto, il nostro, delle condizioni in cui Berlusconi deve governare, stretto com’è fra il pressappochismo del suo personale politico e la bagarre scatenata contro di lui sì dall’opposizione parlamentare, ma con molta maggior veemenza da tutti i poteri pubblici e non della società, a partire dalle fasce sinistrorse della magistratura fino ai "nani, saltimbanchi, ballerine" che sbarcano il lunario sui vari media facendone il loro zimbello?
Non è stato e non è per Berlusconi affatto facile governare. Senz’altro è stato più facile governare a Romano Prodi, nella parentesi di sinistracentro del 2001-2006, quando l’economia a livello mondiale “tirava” vertiginosamente, quando i poteri sociali, "forti" e meno forti, interni e internazionali, dai preti socialisti fino ai sindacati, dalla Confindustria a The Economist, tifavano tutti per lui. E anche in questo contesto iperfavorevole, con questi moltiplicatori e catalizzatori, quel che ha fatto Prodi non può essere nemmeno lontanamente paragonato all’influsso avuto dai governi presieduti da Silvio Berlusconi sul sistema-Italia dopo il 1994.
Berlusconi ha mantenuto alto il prestigio del Paese con gli alleati atlantici, ha ridotto l’impatto di una crisi mondiale devastante, ha fatto passi seri per governare l'immigrazione e per combattere la criminalità mafiosa, ha cercato di mettere qualche minimo paletto — non in positivo, ma evitando di far sentire il peso del governo Parlamento, come nelle gestioni “democratiche”, qui da noi come negli Stati Uniti — al Far West bioetico, ha cercato di raddrizzare, in parte riuscendovi, le innumerevoli storture e deficit delle gestioni precedenti: perfino al problema dei rifiuti subvesuviani, di suo da segreteria assessorile, si è dedicato con successo.
Forse poteva fare di più: di certo lo voleva e di questo gli va dato atto. Ma non si può non riconoscere — altrimenti che razza di politologi si è? — la condizione di minoritarietà dell’esecutivo rispetto agli altri poteri dello Stato e l’assoluta emergenza in cui il governo si trova a operare.
Quindi di “vuoto populismo” parli l’illustre studioso in relazione a qualcun altro e a qualcos’altro, per esempio in relazione alle recenti vacue e altisonanti esternazioni del presidente della Camera, oppure ai “professionisti dello sfascio” alla Di Pietro, e non riguardo a Silvio Berlusconi. La sua opera politica può essere discussa, ma non è vuota, e se non è piena come avrebbe dovuto essere — ma come avrebbe dovuto essere, per essere piena, secondo l’esimio studioso? — è perché qualcuno l’ha impedito oppure l’ha svuotata, una volta riempita.
Ma forse la chiave per capire il senso dell’ennesima “mazzata” bipartisan sferrata dal politologo è che questa gli sia stata "commissionata" da chi vorrebbe fare a meno allo stesso tempo tanto della sinistra in crisi quanto della destra “populista”. E governare il Paese, invece che con questi personaggi incapaci o “vuoti”, con un bel comitato di salute pubblica, fatto di pochi “eletti” e popolato di “tecnocrati”, magari che celati dietro un politico “atipico” e rampante che si prestasse alla bisogna, il cui nome lascio a voi indovinare.