Con il senno di poi — lo premetto —, visto quanto è accaduto
nelle elezioni, è stata una "furbata" la manovra del governo tecnico varata con
un piccolo colpo di mano nel novembre del 2011 dal presidente Napolitano?
Parrebbe decisamente di no: anzi è stata una operazione che
ha fatto precipitare una situazione già allora critica. Pensava davvero che l’asfissiante
stretta fiscale realizzata l’anno scorso da Monti sarebbe stata mandata giù
giulivamente dal popolo italiano? e che la disoccupazione dovuta alla
recessione industriale aggravata dal peso fiscale sarebbe stata di qualche
unità invece che di migliaia di lavoratori? Si pensava davvero che bastasse
liquidare Berlusconi e alzare le tasse per acquietare i mercati e Bruxelles?
Sono tutte domande retoriche e la realtà è sotto gli occhi
di tutti. Gli italiani o non sono andati a votare — e sono il 25% degli aventi
diritto — oppure si sono sfogati — in identica percentuale — con un voto di
protesta così radicale che quello per la Lega degli anni passati è solo un
pallido fantasma. Hanno fatto eleggere dei demolitori senza uno straccio di programma
politico dignitoso pur di esternare la loro rabbia.
Se si fosse votato un anno fa, come qualcuno chiedeva, forse
avrebbe vinto ancora il Pd ma non ci sarebbe stato un pieno di voti così enorme
per l’antipolitica.
Eppure nel novembre del 2011 Grillo diceva già di voler fare
quello che ha fatto nel 2013: solo la base popolare per fare il “botto” non l’aveva:
gliel’ha fornita l’accoppiata Napolitano-Monti, infliggendo in più un vulnus non trascurabile alla democrazia.
Allora il nostro numero 1 merita davvero tutto il plauso e il
prestigio di cui gode in patria e all’estero oppure egli — come l’altro “compagno”
di simpatie politiche, Bersani — non conosce il Paese — ha festeggiato trombonescamente
il cento cinquantenario e non ha capito come sono fatti gl’italiani — e propone
o impone soluzioni politiche più sbagliate e nocive del problema che vuole
risolvere? E che dire del n. 2, Monti? Doveva essere il salvatore dell’Italia rovinata
dal Cavaliere, è stato accolto come un profeta e un “uomo della Provvidenza” e
ora, dopo aver gettato il Paese in una situazione che il minimo che si possa
dire è deplorevole, non è stato capace di raggranellare altro che il magro elettorato
di Casini e di Fini e qualche cattolico illuso?
Non si poteva prevedere che, inasprendo la crisi, con forze qualunquiste — e Napolitano conosceva alla perfezione il tour d'esprit qualunquista, perché fenomeno che risale alla sua gioventù politica — già allora in ascesa, non sarebbe finita così?
Non si poteva prevedere che, inasprendo la crisi, con forze qualunquiste — e Napolitano conosceva alla perfezione il tour d'esprit qualunquista, perché fenomeno che risale alla sua gioventù politica — già allora in ascesa, non sarebbe finita così?
Ora risalire la china, in questa Italia ingovernabile —salvo
trasformismi non del tutto improbabili —, è tremendamente più difficile: il
Paese è in ginocchio; non è più solo diviso, come fino al 2008, ma è frantumato
in tre tronconi disomogenei; Bruxelles non può che considerare la situazione
peggiorata; i mercati diffidano ora più di prima della capacità del Paese di
ricuperare.
Quindi? La strada da percorrere è lunga e il modo sbagliato
per percorrerla è fare come i polli d Renzo di manzoniana memoria. Certo, l’auspicio
più a breve è, non tanto un governo comunque, perché non durerebbe molto, ma
almeno che ascenda al Quirinale un uomo diverso nelle idee, nelle capacità
politiche e nello stile da postcomunista Napolitano. E che, invece che
inventare machiavellicamente altre manovre di vertice, aiuti, sfruttando il confronto
politico — come poteva fare nel novembre del 2011, sostenendo il governo legittimo
di centrodestra invece che licenziarlo in tronco —, la politica a riprendersi
e, con essa, il Paese.
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