Era brutta e consumata, allora…
Non mi è piaciuto quel “ricordiamola da viva” che Filippo Facci ha pubblicato in prima pagina su il Giornale di oggi 12 febbraio 2009. L’intento parrebbe solo quello di dire: “era molto più brutta in extremis di quanto mostrino le foto apparse a valanga su tutti i giornali e i magazine”. In realtà, poi, Facci si dilunga in una serie interminabile di dettagli fra l’orrificato e il macabro, che ricava da una “fuga” di notizie – originata dai racconti degl’infermieri addetti al trasporto da Lecco a Udine, di due cameramen e di «due giornalisti fidatissimi» per la famiglia – tanto fidati che hanno fatto “trapelare” qualcosa –, fra cui una giornalista della Rai, unica persona ammessa dal padre nella stanza della figlia, e pare anche da un’immagine “rubata” e vista a sua volta da quattro giornalisti, rimastine “sconvolti”. Secondo queste notizie Eluana aveva «un corpo rinsecchito, gli arti da vecchia, rattrappiti», «piaghe sulla guancia destra», «naso ormai enorme», «orecchie deformate, callose», «pupille grandi e spente», «la saliva che le colava dalla bocca», «lingua morta e penzolante», ecc.
Non mi è piaciuto quel “ricordiamola da viva” che Filippo Facci ha pubblicato in prima pagina su il Giornale di oggi 12 febbraio 2009. L’intento parrebbe solo quello di dire: “era molto più brutta in extremis di quanto mostrino le foto apparse a valanga su tutti i giornali e i magazine”. In realtà, poi, Facci si dilunga in una serie interminabile di dettagli fra l’orrificato e il macabro, che ricava da una “fuga” di notizie – originata dai racconti degl’infermieri addetti al trasporto da Lecco a Udine, di due cameramen e di «due giornalisti fidatissimi» per la famiglia – tanto fidati che hanno fatto “trapelare” qualcosa –, fra cui una giornalista della Rai, unica persona ammessa dal padre nella stanza della figlia, e pare anche da un’immagine “rubata” e vista a sua volta da quattro giornalisti, rimastine “sconvolti”. Secondo queste notizie Eluana aveva «un corpo rinsecchito, gli arti da vecchia, rattrappiti», «piaghe sulla guancia destra», «naso ormai enorme», «orecchie deformate, callose», «pupille grandi e spente», «la saliva che le colava dalla bocca», «lingua morta e penzolante», ecc.
Facci non aggiunge giudizi: si limita a riportare dei fatti, chiudendo tuttavia con un eloquente ringraziamento a chi ha visto per aver fatto conoscere la vera immagine della povera disabile.
Il perché questa elencazione apparentemente avalutativa, ma da “museo degli orrori”, pare un evidente escamotage per nascondere la vera tesi: ovvero, se era conciata così, è stato poi davvero un male se Eluana è stata “terminata”?
Ma non è tanto il modo surrettizio con cui Facci ha scelto di presentare la sua posizione a irritarmi. È la sostanza di questa tesi che trovo insultante: insultante per tutti i disabili, i quali ben di rado sono belli, e per i tanti ammalati che non soffrono di alcun morbo specifico, ma solo di vecchiaia. La malattia e la vecchiaia – solo chi vive nella proverbiale torre d’avorio o si pasce di miti astratti può non saperlo – deformano, rattrappiscono, sporcano, imbruttiscono, incattiviscono. Il malato, soprattutto quello terminale, non di rado anche il vecchio, è inguardabile ed è umanamente difficile amarlo e servirlo.
È tuttavia questo un motivo sufficiente per eliminare chi è malato o chi è vecchio? Chi ci ripugna? Chi ci disturba, chi, con il suo bisogno ininterrotto, turba i nostri sogni e manda a monte i nostri progetti? Chi ci ricorda che la vita è una ruota e che ora tocca a lui, ma poi toccherà a noi? Chi ha mai detto che la vita “degna di essere vissuta” coincide con la bellezza e con la salute del corpo? E soprattutto nel caso di Eluana chi ha mai preteso che durante la sua pluriennale condizione di vita vegetativa si mantenesse bella come appare nelle foto giovanili? E, ancora, Facci si è posto l’interrogativo se Eluana sia sempre stata così? se il suo aspetto orribile non fosse invece anche e soprattutto colpa di quasi una settimana senz’acqua e senza cibo, tolti di colpo a lei, così debole? Le suore che l’hanno vista giorno dopo giorno per diciassette anni la ricordano invece ancora bella al momento di lasciare la loro clinica di Lecco. Ma di certo le suore, come la beata madre Teresa di Calcutta che non esitava a prendersi cura con amore gratuito di chi era davvero inguardabile, non sono ammalate di romanticismo, di quel romanticismo che imbeve molti liberali – e che è in sé nient’altro che una forma di malattia intellettuale e interiore – e che traspare nitidamente dalla pur felpata esternazione del giornalista, che si pone peraltro in visibile contrasto con la linea del suo giornale e con la coraggiosa presa di posizione del suo direttore nella vicenda Englaro.
Il perché questa elencazione apparentemente avalutativa, ma da “museo degli orrori”, pare un evidente escamotage per nascondere la vera tesi: ovvero, se era conciata così, è stato poi davvero un male se Eluana è stata “terminata”?
Ma non è tanto il modo surrettizio con cui Facci ha scelto di presentare la sua posizione a irritarmi. È la sostanza di questa tesi che trovo insultante: insultante per tutti i disabili, i quali ben di rado sono belli, e per i tanti ammalati che non soffrono di alcun morbo specifico, ma solo di vecchiaia. La malattia e la vecchiaia – solo chi vive nella proverbiale torre d’avorio o si pasce di miti astratti può non saperlo – deformano, rattrappiscono, sporcano, imbruttiscono, incattiviscono. Il malato, soprattutto quello terminale, non di rado anche il vecchio, è inguardabile ed è umanamente difficile amarlo e servirlo.
È tuttavia questo un motivo sufficiente per eliminare chi è malato o chi è vecchio? Chi ci ripugna? Chi ci disturba, chi, con il suo bisogno ininterrotto, turba i nostri sogni e manda a monte i nostri progetti? Chi ci ricorda che la vita è una ruota e che ora tocca a lui, ma poi toccherà a noi? Chi ha mai detto che la vita “degna di essere vissuta” coincide con la bellezza e con la salute del corpo? E soprattutto nel caso di Eluana chi ha mai preteso che durante la sua pluriennale condizione di vita vegetativa si mantenesse bella come appare nelle foto giovanili? E, ancora, Facci si è posto l’interrogativo se Eluana sia sempre stata così? se il suo aspetto orribile non fosse invece anche e soprattutto colpa di quasi una settimana senz’acqua e senza cibo, tolti di colpo a lei, così debole? Le suore che l’hanno vista giorno dopo giorno per diciassette anni la ricordano invece ancora bella al momento di lasciare la loro clinica di Lecco. Ma di certo le suore, come la beata madre Teresa di Calcutta che non esitava a prendersi cura con amore gratuito di chi era davvero inguardabile, non sono ammalate di romanticismo, di quel romanticismo che imbeve molti liberali – e che è in sé nient’altro che una forma di malattia intellettuale e interiore – e che traspare nitidamente dalla pur felpata esternazione del giornalista, che si pone peraltro in visibile contrasto con la linea del suo giornale e con la coraggiosa presa di posizione del suo direttore nella vicenda Englaro.
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