lunedì 28 novembre 2011

Quali esiti per il "governo
del Presidente"?


Qualche piccolo flash sulla condizione oggettivamente anomala in cui verso il nostro amato Paese ironia della sorte a centocinquant’anni dalla sua nascita come nazione libera e sovrana…
Sono sempre più persuaso che non si esca dalla crisi se non ristrutturando culturalmente l’ex opposizione a Silvio Berlusconi.
La difficoltà a governare del centro destra è stata determinata di proposito non dico influenzata — dall’atteggiamento che i partiti di centrosinistra hanno mantenuto nel corso della legislatura. Quella affermazione che “l’Italia è in macerie e si deve ricostruire” ne rivela in maniera efficace e sintetica il tour d’esprit generalizzato. Il governo eletto, per come è, non per quel che fa, è un’anomalia e un danno e va rimosso. Mai come in questi anni passati la delegittimazione dell’avversario — si badi bene: a senso unico, da sinistra verso la destra, mai viceversa —, quel male chiamata anche “divisività” da importanti politologi, è trionfata. L’avversario non ha le carte in regola: non si riconosce nel CLN ma vuole, anzi, peggio, riformare la Costituzione perché ormai invecchiata e solcata da profonde venature ideologiche. Per questo deve sparire, deve essere debellato e ucciso. Non vi sono vie di mezzo. Il monstrum va soppresso. Allo scopo sono leciti tutti i mezzi: non proposte politiche alternative, bensì l’ostruzionismo, la diffamazione privata, la piazza, la corruzione, la leva giudiziaria — che ha imparato la lezione: condannare al carcere è impossibile, ma colpire le finanze private del premier, sì, eccome! e in che misura! —, le difficoltà esterne — senza esitare a schierarsi con i nemici, non di Berlusconi, che li ha riempiti di regali, ma dell’Italia—, i buffoni di corte, i talk show, la satira, la feccia armata di statuine di piombo, i media intossicati e così via…
Tralascio di proposito la tesi di un attacco borsistico alle società di Mediaset, non perché non sia una ipotesi plausibile , ma perché vedo poco Berlusconi — che peraltro ha smentito — gettare via decenni di politica per il Paese solo per minacce alle sue finanze.
E tutta questa macchina infernale, questa idra dalle sette teste — magistratura di sinistra, media, sindacati, Unione Europea, gl’intellettuali, i propri alleati che hanno tradito —, ha avuto come unico scopo la caduta del “despota”.
Come i fatti rivelano sempre più chiaramente, non è stata l’emergenza a far cadere il Berlusconi IV, ma questa tensione andata sopra le righe e trasformatasi non tanto in paralisi dell’esecutivo, quanto al massimo in affanno.
Questa difficoltà, confrontata con una situazione esterna generale diventata difficile e con le pressioni delle istanze europee, hanno indotto i veri centri del potere in Italia, quello dove il Risorgimento e il Secondo Risorgimento, la Resistenza, sono ancora il mito fondante e irrevocabile a intervenire. Non appena il 309° deputato si è sfilato chissà per quali grandi motivi ideali… , è scattato il piano, probabilmente predisposto da tempo per normalizzare il Paese. Che vuol dire, nell’ipotesi più generosa, solo rimettere ordine nella competizione politica ma invece, nella peggiore, eliminare l’anomalia berlusconiana distruggendone non solo il potere ma anche la leadership  e puntando su altre forme partitiche. Non solo: ma anche modificare, di fatto o di diritto, la Costituzione e non come il tempo che è passato e la storia che ha giudicato richiederebbero, ma nel senso di conservare il coagulo ideologico-progressista delle origini e inaugurare forme di presidenzialismo che consentano di tutelarlo dal successo di forze politiche veramente innovatrici.
Già ora, con il governo “tecnico” sui costi del riavvio della vita politica con uomini nuovi e sulla efficacia, almeno iniziale, di costoro gravano forti dubbi sostenuto dalle tre aree partitiche di centro, siamo di fronte a un governo del Presidente, di unità nazionale ma senza emergenza reale —, che imbarca forze politiche non elette dai cittadini, e che sempre più dipende dai voleri del Quirinale, il quale, di suo, ha accentuato ulteriormente il già sconcertante protagonismo che trova il suo rovescio in un presidente Giovanni Leone, cattolico, che firma la legge 194 che legalizza l'aborto procurato come atto dovuto, non solo pilotando i partiti ma facendosi, pur sempre fra le righe, propulsore di soluzioni legislative di parte.
Per questo le elezioni si faranno il più tardi possibile. Anche se Berlusconi non ci fosse, come escludere a priori un nuovo successo del centrodestra, di cui forse le lacrime e il sangue della manovra economica dei tecnici sarà un incentivo — “Berlusconi ha tolto l’IVA, gli amici di Monti l’hanno rimessa” —? Per questo prima di rifarle i centri del potere istituzionale permanente vorranno assicurarsi, nella misura del possibile, che la sinistra — che nei valori del CLN si identifica — non torni all’opposizione e riapra la disastrosa offensiva multilaterale, quel circo Barnum cui oggi è stata imposta la sordina.
Ma il cuore del problema è proprio lì: non è lecito arroccarsi, santificare perennemente le scelte di settant’anni fa, cristallizzare una situazione. Oggi i “valori” desunti dalle ideologie, compresa quella democristiana, sono un relitto, la storia ne ha mostrato gli aspetti peggiori: bisogna cambiare rotta, bisogna ricuperare quello che di buono vi era in radice — le domande, non le risposte — e rimetterlo all’orizzonte del Paese in forme che non demonizzino l’avversario e non si traducano in un handicap sfavorevole per il governo del Paese. Bisogna per questo magari con l’aiuto, non per decisione, di quei poteri supremi evocati più sopra, una volta cambiatone il titolare — davvero che le forze che sono state all’opposizione durante l’ultimo governo Berlusconi cambino profondamente, si liberino dalle scorie del passato, si riposizionino come sinistra non ideologica, che mantengano gli stessi paradigmi egualitari ma li declinino in un mondo oramai molto diverso rispetto a quello dell’antifascismo o dell’inizio della Guerra Fredda.
Altrimenti, se si troveranno ancora all’opposizione e il centro destra non avrà imparato la lezione del 2008-2011 — ma francamente non vedo come possa riconquistare l’idra dalle sette teste —, finirà come nel 2011; se governerà, il suo anacronismo costituirà un grave freno per lo sviluppo del Paese.
 Forse è una chimera e certo un’opera ciclopica, ma sinceramente non vedo altre vie di uscita.

Archivio blog