domenica 21 novembre 2010

Visione monoculare


21-11-2010

    Avvenire, il quotidiano dei vescovi italiani, si è soffermato a lungo — mentre scrivo l’attenzione al problema è ancora viva — sulla puntata di Vieni via con noi, in cui il conduttore Fabio Fazio ha dato ampio spazio a due notori “dottor morte” come Beppino Englaro e Mina Welby, autori di due clamorose operazioni para-eutanasiche, per far loro propagandare il testamento biologico, la cui introduzione e regolamentazione è in discussione in parlamento, e, in ultima analisi, l’eutanasia degli handicappati gravi.
    Avvenire ha fatto benissimo e il suo impegno solitario — con articoli, interviste, testimonianze, lettere al direttore, pubblicati per più e più giorni — per ristabilire la verità e per difendere la legittimità, anzi, la doverosità, di scelte diametralmente opposte a quelle di Englaro e del Tribunale di Milano, è del tutto encomiabile.
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    C’è però qualcosa che non quadra….
    Infatti, nella medesima occasione, la trasmissione realizzata e irradiata dalla TV di Stato in ora di massimo ascolto ha fornito scampoli di faziosità politica senza uguali, sfiorando la calunnia e la diffamazione — sostenendo l’esistenza di presunti legami fra mafia e partito del Nord — nei confronti di uno dei partiti di governo, per di più in totale assenza di contraddittorio, in una logica di forsennata filippica o di greve omiletica postcomunista.
    Ebbene, su questo Avvenire, se non ha taciuto, ha reagito invece flebilmente. Mercoledì 17 novembre, infatti, ha riportato — per la verità con relativo risalto di titoli e di spazio — le vibranti reazioni del ministro dell’Interno Roberto Maroni, particolarmente offeso dalle farneticazioni dell’omonimo scrittore Saviano, non solo in quanto dirigente e parlamentare leghista, ma anche perché principale responsabile dei recenti successi nella lotta dello Stato italiano contro tutte le mafie. Purtroppo, però, il giornale dei cattolici ha annegato le forti critiche del ministro nelle esternazioni a ruota libera di esponenti politici di ogni colore, fra le quali spicca per esemplare malizia e uso disinvolto delle parole quella dell’ex segretario del Partito Democratico Walter Veltroni — secondo cui “la reazione di Maroni è assurda e grave, colpisce una voce libera costretta a vivere sotto scorta” —, seguita a ruota da quella del deputato Fabio Granata, che si è espresso, con una finezza del tutto tipica dello stile della destra — quella destra di cui il partito di Fini vorrebbe rappresentare l’incarnazione —, affermando: “Giù le mani da Saviano”.
    Poi il quotidiano cattolico si è concentrato esclusivamente sul problema degli handicappati ai quali non è data voce. E questo pare un po’ meno encomiabile, per diverse ragioni.
    Quanto avvenuto è infatti un palese e clamoroso abuso di potere di fatto perpetrato da corsari dell’informazione politica — di cui Fazio è forse l’esponente più untuosamente odioso, ma non certo l’unico —, ben protetti dalla loro infeudazione ideologica di sinistra e dalla scellerata logica della lottizzazione del pubblico servizio — avviata dai governi democristiani —, attraverso strumenti che appartengono alla collettività. Tanto la propaganda filo-eutanasica, quanto l’attacco calunnioso a un partito che forse non sarà formato da cattolici "doc", ma proprio sui valori non negoziabili sta tenendo un comportamento esemplare, andavano entrambi giustamente e fortemente condannati.
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    Ciò detto, due altre osservazioni s’impongono.
    La prima è che se i principi non negoziabili per i cattolici sono sì vita, famiglia e scuola, questi principi — lo si dimentica, ahimè troppo spesso — non sono i soli su cui un cristiano non è autorizzato a transigere. Vi è anche la giustizia e l’abuso di potere, che, in chiave vittimistica, è stato, in questa come in tante altre occasioni, esercitato in maniera clamorosa da vecchi e arroganti arnesi dell’intellettualismo postcomunista, blindati dietro i contratti di lavoro del pubblico impiego e una audience che li rende ricchi e intoccabili, ne è una violazione palese e grave.
    L’altra, francamente, è che voler essere al di sopra della politica, come doveroso nel caso dei vescovi, non vuol dire imporre il neutralismo asettico, che giudica senza sporcarsi le mani o va al mulino e pretende di non infarinarsi, anche ai fedeli e agli operatori culturali cristiani.
    Capisco che la linea della Cei si ponga oggi particolarmente su questa falsariga, ma non si può spingere questa scelta bipartisan fino a omettere la difesa diritti concreti, soprattutto quando sono violati a danno di forze oggi concretamente, senza "bollini blu" o "deleghe in bianco", alleate della Chiesa nella difesa della presenza di alcuni degli ultimi e più liminali valori naturali e cristiani nella sfera pubblica.
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    E mi permetto di aggiungere sommessamente una terza considerazione. Il Presidente del Consiglio viene quotidianamente, senza sosta e senza freni, dipinto come un pazzoide puttaniere e pedofilo dal coro dei mass media pubblici e particolarmente di quella trasmissione in cui sono stati offesi i portatori di handicap è ininterrottamente lo zimbello. Ebbene, pur con tutte critiche che il premier merita per la sua disinvolta vita privata — ma non è certo la prima e l’unica persona che governa con un privato discutibile e Silvio Berlusconi non si erige mai a teorema o a modello —, qualcosa di buono in prospettiva cattolica, lui e i suoi ministri, ha fatto o ha lasciato fare.
    Se ogni tanto qualche voce si levasse anche dalle parti di Avvenire per difenderlo dal massacro politico della sua onorabilità di uomo e di seconda carica dello Stato italiano, che viene condotto con impudenza e con il denaro del contribuente e di chi paga il canone televisivo, farebbe senz’altro piacere, quanto meno per non confermare l’accusa ai cattolici di difettare di senso dello Stato.

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